Adeguati assetti: la dimensione aziendale efficace
Crisi d’Impresa – D.lgs. 14/2019
Il concetto di dimensione negli adeguati assetti aziendali richiesti dalla normativa sul Codice della Crisi di Impresa
di: Alessandro Antolini
Concludendo, quindi, l’aspetto della dimensione aziendale è tendenzialmente superabile con gli attuali sistemi informatici che si possono creare su misura alle necessità particolari dell’azienda studiata, limitando il set dati nelle imprese più piccole ma dando ugualmente un servizio di valore. La vera sfida che permetterà il successo di questa normativa sarà direttamente proporzionale alla capacità di cambio culturale a livello aziendale. L’imprenditore avrà l’onere di ragionare e considerare la propria impresa in chiave prospettica e su logiche manageriali; il percorso non potrà che essere lungo ed impegnativo ma l’affiancamento di questa funzione vista come supporto alle scelte aziendali darà all’imprenditore avveduto un plus fondamentale per la sopravvivenza in un mondo economico in continua mutazione.
Il concetto di dimensione negli adeguati assetti aziendali richiesti dalla normativa sul Codice della Crisi di Impresa
di: Alessandro Antolini
Nel mondo anglosassone le nozioni di budget e di controllo di gestione sono sicuramente più utilizzate rispetto a quanto accada nelle nostre aziende, soprattutto in quelle medio piccole dove la programmazione risulta più difficoltosa a causa della mancanza di risorse umane e tecnologiche adeguate. Nella maggior parte dei casi la funzione di controllo di gestione prevede la definizione di un budget esclusivamente economico trascurando completamente quelli che sono gli aspetti di natura finanziaria, fondamentali per conoscere al meglio le dinamiche future di equilibrio e sostenibilità. Budget economico e budget finanziario sono strettamente legati ed interconnessi e quindi vanno programmati contemporaneamente. Pianificare e controllare il raggiungimento degli obiettivi dovrebbe essere naturale per l’imprenditore che gestisce un’azienda in un sistema economico in continua evoluzione e intriso di rischi. Come il copilota in una gara di rally fornisce indicazioni sulla strada, sulle curve, sui punti di frenata, sugli ostacoli che ci potranno essere, anche il controller deve essere accanto all’imprenditore per cercare di impostare il percorso migliore secondo le sue indicazioni (programmazione e budget) e, una volta iniziato il percorso, fornirgli tutte le indicazioni su quanto rileva in quel preciso momento analizzando gli scostamenti rispetto ai tempi e agli obiettivi intermedi che ci si era posti (reporting). Questo perché troppo spesso la ‘’curva pericolosa’’ appare all’improvviso e non si è in grado di mantenere la direzione voluta con conseguente “frenata ed uscita di strada”. Il più delle volte agire in ritardo può essere inefficace o addirittura dannoso, ecco perché il legislatore ha deciso di capovolgere l’impianto normativo provando ad istituire un sistema di verifica a preventivo delle condizioni di salute di un’azienda con l’obiettivo di poter salvare il più possibile attività in stato di difficoltà temporanea prima che questa sfoci in una crisi irreversibile.
Con l’emanazione del D.Lgs 14/2019, entrato definitivamente in vigore il 16 luglio 2022 dopo un lungo iter, si è assistito ad una rivoluzione epocale del concetto di crisi e di insolvenza imprenditoriale. La norma infatti sposta il focus giuridico da una nozione obsoleta di fallimento che resisteva dal lontano 1942 e che normava sostanzialmente le azioni utili per traghettare l’azienda decotta verso la sua estinzione, ad uno di prevenzione della “malattia” aziendale. La vera rivoluzione, infatti, sta nello scegliere di aiutare il paziente malato, l’impresa, prima che la malattia stessa diventi patologica ed irreversibile dandole la possibilità nel momento di difficoltà di avere le cure necessarie per potersi ristabilire.
Ma quali strumenti permettono nel concreto ad un’azienda di essere consapevole degli ipotetici rischi futuri di disequilibrio aziendale? La normativa, ripresa dal comma 2 dell’art. 2086 del Codice civile, obbliga l’azienda a dotarsi di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa per rilevare tempestivamente la crisi. Questo comporta che la struttura organizzativa aziendale debba investire in risorse umane e tecnologiche che siano in grado di creare quell’infrastruttura capace di segnalare in anticipo e con un certo buon grado di precisione le possibili anomalie che possono creare disequilibri economico-finanziari futuri, avendo quindi una prospettiva forward-looking e non basandosi su dati storici. Informazioni sempre pronte, rapide ed affidabili possono fare la differenza nel capire se un’azienda sta procedendo nella direzione sbagliata.
L’articolo 3 del Codice della Crisi di Impresa stabilisce, infatti, che l’imprenditore deve “verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi” identificando quindi il concetto di previsione in un lasso temporale decisamente elevato. Definire quindi la propria capacità di assolvimento futura e soprattutto metterla “nero su bianco” con dei numeri che siano affidabili richiede un lavoro complesso e degli strumenti professionali che possano costantemente generare delle proiezioni economiche e finanziarie automatizzate con una logica coerente.
La base di partenza di tutto ciò non può quindi che essere un budget finanziario che racchiuda tutte le possibili entrate ed uscite di cassa che si generano dalla programmazione stabilita e che coinvolga a 360° tutta l’organizzazione e le funzioni aziendali. Il passo successivo deve essere necessariamente quello di strutturare dei forecast finanziari integrando i dati consuntivi rilevati in un determinato momento con quelli di successiva programmazione per poter essere compliance alla normativa nel monitoraggio dell’equilibrio dei 12 mesi successivi.
Tali strumenti appaiono, in prima battuta, decisamente complicati da implementare in una PMI e probabilmente il legislatore ha, per questo motivo, introdotto il concetto dimensionale, prevedendo che gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili debbano essere adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Ma operativamente, siamo proprio sicuri che siano le dimensioni aziendali ad influenzare la possibilità di implementare una struttura di controllo di gestione idonea? Il volume aziendale non deve essere visto come un limite; ormai quasi tutte le aziende, anche piccole, sono dotate di sistemi informatici, software contabili ed operativi che sono in grado di rilevare ed elaborare correttamente i principali fatti gestionali. Ciò che serve quindi è un sistema che dialoghi con tutte le funzioni aziendali e che sia in grado di recepire le informazioni consuntive integrandole con quelle costruite in fase di budget, creando un processo automatizzato per un confronto immediato, rapido, efficace ma soprattutto, come dice la norma, tempestivo. Oggigiorno, esistono sistemi di business intelligence che si adattano benissimo ad ogni azienda a prescindere dalla natura e dalle dimensioni, che possono essere settati sulle specificità operative senza il bisogno di investire ingenti capitali per creare un sistema di programmazione e controllo al passo con i tempi. Tecnologie e competenze aziendali possono fondersi in un tutt’uno al servizio di qualsiasi imprenditore, anche piccolo. Certamente ciò che differenzia una grande struttura da una di dimensioni contenute è la quantità di informazioni a disposizione: un’azienda medio-grande avrà bisogno di una profondità di analisi molto più ampia rispetto a quella piccola, dove i driver di valore da tenere monitorati saranno più semplici e numericamente limitati. Ma di sicuro la possibilità di implementare strumenti informatici capaci di simulare flussi finanziari adeguati alle richieste normative possono essere strutturati in qualsivoglia azienda, anche con semplici fogli di calcolo di Excel ben gestiti ed automatizzati. Ciò che fa la differenza è la volontà dell’imprenditore di affiancare al proprio istinto e fiuto per gli affari anche una sfera più razionale, facendosi trasportare non solo dalle proprie emozioni ma anche dalla più fredda verità enunciata dai numeri. Ecco, quindi, che la promozione della cultura della pianificazione e del controllo diventa fondamentale per la diffusione del concetto di previsione ideato dalla normativa.
Costruire un budget è un percorso complesso che richiede l’analisi di diversi aspetti aziendali, primo fra tutti la comprensione dell’effettiva attività svolta, vero cuore pulsante dove si produce valore e, successivamente a cascata, di tutti i costi che possono derivare dalla programmazione industriale o commerciale stimata e come tali necessità possano essere coperte da risorse finanziarie adeguate. Questo modo di procedere, obbliga l’imprenditore a prendere consapevolezza dei numeri che “girano” attorno alle sue idee ma soprattutto ai riflessi economici e finanziari che ne derivano. Costruire un budget replicando il dato storico è un esercizio tendenzialmente inutile se privo di un adeguato ragionamento sottostante; tale impostazione tende a banalizzare il lavoro di programmazione e controllo che invece deve essere visto come attività professionale ma soprattutto mezzo fondamentale per un confronto tra imprenditore/soci e controller/consulente sugli scopi che si vogliono raggiungere e su come poterli conseguire.
Conclusa questa fase fondamentale, si apre la stagione del controllo vero e proprio, cioè della verifica costante e puntuale dello scostamento dei risultati raggiunti da quelli ipotizzati. È importante definire la periodicità dell’analisi in relazione all’aspetto che stiamo studiando e alla tipologia di azienda che trattiamo; ad esempio i dati delle vendite di un parco divertimenti possono essere confrontati anche tutti i giorni ma probabilmente un’azienda che lavora su grandi commesse non avrà la necessità di controllare i dati quotidianamente. Relativamente invece alla nostra necessità principale, la stima dell’equilibrio finanziario ad un anno è frutto di una simulazione costante che integra l’attuale stato di liquidità presente con quelli che sono gli impegni futuri al netto delle entrate ipotetiche. Da questo concetto si possono ricavare due aspetti:
Con l’emanazione del D.Lgs 14/2019, entrato definitivamente in vigore il 16 luglio 2022 dopo un lungo iter, si è assistito ad una rivoluzione epocale del concetto di crisi e di insolvenza imprenditoriale. La norma infatti sposta il focus giuridico da una nozione obsoleta di fallimento che resisteva dal lontano 1942 e che normava sostanzialmente le azioni utili per traghettare l’azienda decotta verso la sua estinzione, ad uno di prevenzione della “malattia” aziendale. La vera rivoluzione, infatti, sta nello scegliere di aiutare il paziente malato, l’impresa, prima che la malattia stessa diventi patologica ed irreversibile dandole la possibilità nel momento di difficoltà di avere le cure necessarie per potersi ristabilire.
Ma quali strumenti permettono nel concreto ad un’azienda di essere consapevole degli ipotetici rischi futuri di disequilibrio aziendale? La normativa, ripresa dal comma 2 dell’art. 2086 del Codice civile, obbliga l’azienda a dotarsi di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa per rilevare tempestivamente la crisi. Questo comporta che la struttura organizzativa aziendale debba investire in risorse umane e tecnologiche che siano in grado di creare quell’infrastruttura capace di segnalare in anticipo e con un certo buon grado di precisione le possibili anomalie che possono creare disequilibri economico-finanziari futuri, avendo quindi una prospettiva forward-looking e non basandosi su dati storici. Informazioni sempre pronte, rapide ed affidabili possono fare la differenza nel capire se un’azienda sta procedendo nella direzione sbagliata.
L’articolo 3 del Codice della Crisi di Impresa stabilisce, infatti, che l’imprenditore deve “verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi” identificando quindi il concetto di previsione in un lasso temporale decisamente elevato. Definire quindi la propria capacità di assolvimento futura e soprattutto metterla “nero su bianco” con dei numeri che siano affidabili richiede un lavoro complesso e degli strumenti professionali che possano costantemente generare delle proiezioni economiche e finanziarie automatizzate con una logica coerente.
La base di partenza di tutto ciò non può quindi che essere un budget finanziario che racchiuda tutte le possibili entrate ed uscite di cassa che si generano dalla programmazione stabilita e che coinvolga a 360° tutta l’organizzazione e le funzioni aziendali. Il passo successivo deve essere necessariamente quello di strutturare dei forecast finanziari integrando i dati consuntivi rilevati in un determinato momento con quelli di successiva programmazione per poter essere compliance alla normativa nel monitoraggio dell’equilibrio dei 12 mesi successivi.
Tali strumenti appaiono, in prima battuta, decisamente complicati da implementare in una PMI e probabilmente il legislatore ha, per questo motivo, introdotto il concetto dimensionale, prevedendo che gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili debbano essere adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Ma operativamente, siamo proprio sicuri che siano le dimensioni aziendali ad influenzare la possibilità di implementare una struttura di controllo di gestione idonea? Il volume aziendale non deve essere visto come un limite; ormai quasi tutte le aziende, anche piccole, sono dotate di sistemi informatici, software contabili ed operativi che sono in grado di rilevare ed elaborare correttamente i principali fatti gestionali. Ciò che serve quindi è un sistema che dialoghi con tutte le funzioni aziendali e che sia in grado di recepire le informazioni consuntive integrandole con quelle costruite in fase di budget, creando un processo automatizzato per un confronto immediato, rapido, efficace ma soprattutto, come dice la norma, tempestivo. Oggigiorno, esistono sistemi di business intelligence che si adattano benissimo ad ogni azienda a prescindere dalla natura e dalle dimensioni, che possono essere settati sulle specificità operative senza il bisogno di investire ingenti capitali per creare un sistema di programmazione e controllo al passo con i tempi. Tecnologie e competenze aziendali possono fondersi in un tutt’uno al servizio di qualsiasi imprenditore, anche piccolo. Certamente ciò che differenzia una grande struttura da una di dimensioni contenute è la quantità di informazioni a disposizione: un’azienda medio-grande avrà bisogno di una profondità di analisi molto più ampia rispetto a quella piccola, dove i driver di valore da tenere monitorati saranno più semplici e numericamente limitati. Ma di sicuro la possibilità di implementare strumenti informatici capaci di simulare flussi finanziari adeguati alle richieste normative possono essere strutturati in qualsivoglia azienda, anche con semplici fogli di calcolo di Excel ben gestiti ed automatizzati. Ciò che fa la differenza è la volontà dell’imprenditore di affiancare al proprio istinto e fiuto per gli affari anche una sfera più razionale, facendosi trasportare non solo dalle proprie emozioni ma anche dalla più fredda verità enunciata dai numeri. Ecco, quindi, che la promozione della cultura della pianificazione e del controllo diventa fondamentale per la diffusione del concetto di previsione ideato dalla normativa.
Costruire un budget è un percorso complesso che richiede l’analisi di diversi aspetti aziendali, primo fra tutti la comprensione dell’effettiva attività svolta, vero cuore pulsante dove si produce valore e, successivamente a cascata, di tutti i costi che possono derivare dalla programmazione industriale o commerciale stimata e come tali necessità possano essere coperte da risorse finanziarie adeguate. Questo modo di procedere, obbliga l’imprenditore a prendere consapevolezza dei numeri che “girano” attorno alle sue idee ma soprattutto ai riflessi economici e finanziari che ne derivano. Costruire un budget replicando il dato storico è un esercizio tendenzialmente inutile se privo di un adeguato ragionamento sottostante; tale impostazione tende a banalizzare il lavoro di programmazione e controllo che invece deve essere visto come attività professionale ma soprattutto mezzo fondamentale per un confronto tra imprenditore/soci e controller/consulente sugli scopi che si vogliono raggiungere e su come poterli conseguire.
Conclusa questa fase fondamentale, si apre la stagione del controllo vero e proprio, cioè della verifica costante e puntuale dello scostamento dei risultati raggiunti da quelli ipotizzati. È importante definire la periodicità dell’analisi in relazione all’aspetto che stiamo studiando e alla tipologia di azienda che trattiamo; ad esempio i dati delle vendite di un parco divertimenti possono essere confrontati anche tutti i giorni ma probabilmente un’azienda che lavora su grandi commesse non avrà la necessità di controllare i dati quotidianamente. Relativamente invece alla nostra necessità principale, la stima dell’equilibrio finanziario ad un anno è frutto di una simulazione costante che integra l’attuale stato di liquidità presente con quelli che sono gli impegni futuri al netto delle entrate ipotetiche. Da questo concetto si possono ricavare due aspetti:
- Il primo che, se è vero che “l’attuale stato di liquidità” è per definizione in continua evoluzione, anche la nostra simulazione futura deve assumere le sembianze di un rolling forecast, cioè di una previsione che sposta l’asticella temporale sempre più avanti
- Il secondo è che gli impegni futuri possono derivare solo da un concetto di budget, cioè di una programmazione sistematica della propria attività e non da eventi casuali ipotizzati senza una vera logica strategica
Ecco quindi che il budget finanziario diventa il prospetto fondamentale non solo per la definizione delle proprie azioni ma anche base di supporto per le proiezioni future dei flussi di cassa; l’aspetto più importante è quello di dotarsi di uno strumento, sia esso excel o qualcosa di più evoluto come una business intelligence, che possa meccanizzare facilmente l’integrazione di logiche attuali con quelle future senza il bisogno di dover perdere troppo tempo nel continuo inserimento manuale dei valori di stima.
Concludendo, quindi, l’aspetto della dimensione aziendale è tendenzialmente superabile con gli attuali sistemi informatici che si possono creare su misura alle necessità particolari dell’azienda studiata, limitando il set dati nelle imprese più piccole ma dando ugualmente un servizio di valore. La vera sfida che permetterà il successo di questa normativa sarà direttamente proporzionale alla capacità di cambio culturale a livello aziendale. L’imprenditore avrà l’onere di ragionare e considerare la propria impresa in chiave prospettica e su logiche manageriali; il percorso non potrà che essere lungo ed impegnativo ma l’affiancamento di questa funzione vista come supporto alle scelte aziendali darà all’imprenditore avveduto un plus fondamentale per la sopravvivenza in un mondo economico in continua mutazione.
Privacy
Social
ONE TOUCH IMPRESA
Via Alberto Dominutti 237135 Verona
Tel. 045 8101388
P.IVA 04284390236
info@onetouchimpresa.com
pec@onetouchimpresa.com